Paracanoa

Massimo Cecchetti

Coach e Presidente

Filiberto Desideri

Direttore Tecnico

Paracanoa

Ho avuto sempre molta difficoltà a dare spiegazioni, a chi me le chiede, su cos’è la Paracanoa. La risposta più ovvia ed immediata ma superficiale e riduttiva è “avviare le persone con disabilità alla disciplina sportiva della canoa”, ma

chi ha la fortuna di lavorare in questo ambito sa benissimo che dietro la definizione di Paracanoa c’è un mondo vasto e difficile da conoscere completamente. Socrate diceva “unum scio, me nihil sciire”, una sola cosa so, di non sapere nulla, ed in effetti è molto complicato codificare e standardizzare una tipologia di allenamento valida per tutte le persone con disabilità.

Stai allenando da mesi un atleta con una amputazione sotto il ginocchio della gamba dx ed arriva al circolo una persona con una amputazione sx sopra il ginocchio. Due mondi diversi, molto diversi. Diversa la gestione, diverso il grado di autosufficienza, diverse le barche. Ma pensiamo anche alle differenze tra una lesione spinale d12 ed una d9 o c7, un atleta atassico od un amputato bilaterale con tutte le sue varianti. 6 atleti, quelli appena descritti, 6 catene cinetiche diverse, ognuna con le sue caratteristiche peculiari da considerare.

La sfida è quella di trovare il giusto approccio e di intraprendere il giusto percorso per massimizzare il risultato, lavorando per cercare di gestire al meglio sia l’aspetto psicologico che atletico. È un percorso che allenatore ed atleta fanno insieme dove la caratteristica fondamentale ed imprescindibile è la bidirezionalità delle informazioni. L’ allenatore deve capire e trasformare in opportunità i segnali ed i feedback che l’atleta gli fornisce. Cosa fare se poggiare il tallone provoca un arco riflesso con conseguenti contrazioni? È se una lesione spinale incompleta provoca una spinta diversa tra una gamba e l’altra? Come chiudere la catena cinetica in un atleta con un arto inferiore amputato sopra il ginocchio? E se l’amputazione sopra il ginocchio è bilaterale?

Una nostra atleta, con lesione completa a livello D9, quando veniva posizionata sul simulatore accusava delle forti contrazioni ad entrambi gli arti. Perché sulla carrozzina non manifestava questo effetto e sul pagaiergometro si? Inizialmente pensavamo che la rigidità della seduta fosse la causa dell’arco riflesso e provammo a risolvere il problema ammorbidendo la seduta con presidi vari senza risultati apprezzabili. L’atleta era costretta a sospendere più volte l’allenamento. Poi osservammo che le contrazioni partivano nel momento in cui poggiavamo i talloni sul puntapiedi per la presenza di due lesioni da decubito in via di cicatrizzazione. E bastato evitare questo, con la costruzione di un apposito presidio, per ridurre drasticamente la problematica. Caso analogo, ma con cause molto diverse, in un atleta con lesione parziale D11 in cui era proprio la lieve spinta a causargli saltuariamente la contrazione che gli provocava la caduta in acqua. Problema risolto con l’applicazione, durante gli allenamenti, di due presidi bloccanti la gamba.

Sono degli esempi, di vita reale ed esperienze vissute, che danno l’idea di quanto variegato sia il mondo della paracanoa ma soprattutto dello sforzo umano, tecnico ed economico necessario per iniziare, sviluppare e portare a termine un percorso di crescita in un atleta con disabilità. E quando dico “portare a termine” non mi riferisco al risultato sportivo, alla medaglia, ma al traguardo da dove poi iniziare a pensare all’aspetto agonistico. È da questo momento che l’allenatore comincia a prendere in mano il cronometro per iniziare una seconda fase che ha le stesse caratteristiche della prima ma con l’asticella molto più alta. Più alto l’impegno, più alto l’aspetto tecnico ma soprattutto più alti i costi. Adattare al meglio una canoa, dopo averla acquistata, può avere dei costi proibitivi, soprattutto quando, accanto alla grande passione e dedizione, non hai grandi risorse economiche.

L’ASD AISASport da 13 anni affronta queste problematiche. Negli anni siamo cresciuti molto ed oggi disponiamo di una struttura tecnica societaria molto solida e di qualità, con un Direttore Tecnico, Filiberto Desideri, che ha fatto parte della spedizione italiana a Rio, che coordina un settore tecnico che ha in Giampiero Loretelli, Massimo Salustri, Claudio Vergari e Cristiano Galassini i suoi punti di riferimento.

La nostra esperienza la mettiamo a disposizione di tutti coloro, società o persone interessate, che vogliono condividere con noi la passione per questo settore difficile ma affascinante e coinvolgente.

- Massimo Cecchetti, Presidente AISA Sport

Massimo Cecchetti

Presidente

Filiberto Desideri

Direttore Tecnico